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  1. Era il 10 marzo del 2000 quando la legge n. 62 “Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione” istituiva il Sistema Nazionale di Istruzione, “costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali”. La stessa legge riconosceva il valore pubblico di un Progetto Educativo (PE) quale strumento per dichiarare e presentare la propria identità sul piano culturale e religioso. Da allora, alla luce del nuovo scenario socio-culturale, della normativa scolastica in continua evoluzione e della riflessione ecclesiale, in quanto gestori, coordinatori, insegnanti ed educatori delle scuole dell’infanzia cattoliche e di ispirazione cristiana siamo chiamati a ripensare, rielaborare e condividere per e con le famiglie il PE, consapevoli che i cambiamenti in atto – e la velocità con cui si concretizzano – non contraddicono il nostro precedente impegno testimoniale, ma ci chiedono di essere sempre pronti a ricollocarci nella realtà, in continuità con la finalità dell’educare cristiano specifico delle nostre scuole.

 

  1. Tenendo presente l’attuale scenario socio-culturale evidenziamo particolarmente quattro aspetti che incidono nel ripensamento del PE:

– le mutate condizioni dell’esperienza di vita e di fede cristiana. Il grande dono che la Chiesa riceve e offre è l’incontro vivo con Dio in Gesù Cristo. Il Cristianesimo ha contribuito in maniera fondamentale alla costruzione di ogni società occidentale e in particolare dell’identità italiana attraverso l’opera della Chiesa, delle sue istituzioni educative ed assistenziali, fissando modelli di comportamento, configurazioni istituzionali, rapporti sociali. E tuttavia è innegabile che stiamo assistendo ad una crescente marginalizzazione della fede cristiana come riferimento e luce nell’interpretazione effettiva e convinta dell’esistenza. Di qui l’impegno a far sorgere, vivere e mantenere vive le comunità cristiane – di cui la scuola dell’infanzia è un ambito non indifferente – capaci di generare la gioiosa avventura di ricevere ed annunciare il Vangelo di Gesù, facendolo risplendere in una vita buona, attraverso la trasmissione di quel patrimonio di fede e di cultura, che nel nostro Paese può assicurare la promessa della qualità buona della vita e la consegna della fede cristiana nel passaggio da una generazione all’altra.

– la composizione multiculturale delle odierne società, favorita dalla globalizzazione, è divenuta un dato di fatto. Il progressivo costituirsi di società plurali reca con sé innegabili potenzialità, occasioni di crescita nella complessità. È altresì vero che l’avanzare del processo di secolarizzazione nella società occidentale in tutte le sue forme (ateismo teorico e pratico, laicismo, razionalismo, agnosticismo, fino ad una opposizione esplicita alle religioni, al cristianesimo, al cattolicesimo e alla Chiesa) rischia di rimuovere la questione del senso della vita, ovvero la questione circa la piena dignità e destinazione dell’essere umano e di produrre una forte marginalizzazione dell’esperienza religiosa in quanto tale, ammettendola come lecita solo entro la sfera privata. Avanza in questo modo la pretesa di sradicare totalmente dalla cultura ogni espressione religiosa.

– la composizione plurireligiosa. La presenza di religioni diverse rappresenta una grande risorsa quando l’incontro tra differenti religioni viene vissuto come fonte di reciproco arricchimento, di reciproca “fecondazione”. Può anche costituire un problema rilevante, quando la plurireligiosità viene sentita come provocazione, come attacco alla propria dimensione religiosa e spirituale, patrimonio di appartenenza identitaria, e/o come minaccia alla coesione sociale, alla salvaguardia e all’esercizio dei diritti dei singoli o dei gruppi.

– le trasformazioni della famiglia. I cambiamenti epocali della struttura familiare riguardano, in estrema sintesi, i processi di denaturalizzazione del genere e della funzione genitoriale. L’indubbia crisi della famiglia nel proprio ruolo tradizionale, aggravata anche dalla dimensione economica e connessa all’instabilità dei legami coniugali e della denatalità, costituisce una complessità, una provocazione e una sfida al “ripensamento”.

L’opera educativa si trova ad essere impegnata, così, in una sfida per il futuro: prendersi cura dell’“umano” e dei legami tra le persone nelle diversità delle espressioni familiari, culturali e religiose. Facendo riferimento alle ricche analisi sociologiche presenti nei documenti bibliografici di riferimento abbiamo raccolto approfondimenti selezionati che riguardano i cambiamenti socio culturali.

 

  1. Le scuole dell’infanzia, luogo dei primi incontri con la dimensione sociale, sono chiamate, in quanto scuole, a portare il loro contributo all’educazione integrale di ogni bambino. E, in quanto scuole cattoliche e di ispirazione cristiana, a farlo nelle luce del Mistero di Gesù Cristo, ragione fondante del loro agire educativo. È grande la responsabilità delle scuole, che sono chiamate a sviluppare nei loro progetti educativi la dimensione del dialogo interculturale e interreligioso. L’educazione, per sua natura, richiede – alla luce della propria identità – apertura alle altre culture  e accoglienza dell’altro, per evitare il rischio di una cultura chiusa in se stessa e limitata. Un confronto aperto e dinamico aiuta a comprendere le differenze per evitare che si generino conflitti, divenendo così occasione di arricchimento reciproco e di armonia.

 

  1. La continuità 0-6 anni è una delle più importanti potenzialità educative dei nidi integrati alle scuola dell’infanzia ed è una prospettiva pedagogica rispetto alla quale investire pensieri e costruire prassi educative. Parlare di continuità significa costruire un pensiero pedagogico che guardi al bambino come ad un individuo che è già persona ancor prima di incontrare le istituzioni e che ha una sua storia che si sviluppa continuamente nell’incontro con le persone e che da questo incontro trae ispirazione per la costruzione della sua identità.

 

  1. Per ciò che riguarda le fonti ministeriali ed ecclesiali, scegliamo di riferirci prevalentemente ai testi più recenti, pur indicando in molti approfondimenti altri documenti pertinenti all’aspetto preso in esame, documenti che verranno indicati di volta in volta. Il testo si arricchisce di una bibliografia frutto della competenza e del lavoro svolto da oltre 40 anni dalla FISM: sono il pensiero e le indicazioni già ben definite e presenti nei documenti della Federazione stessa. Il ritorno costante alle fonti è occasione per un serio aggiornamento culturale, didattico e identitario di tutti coloro che operano, a diverso titolo, nella scuola. Le fonti principali di cui abbiamo tenuto conto nello stendere il presente lavoro sono:

Fonti ministeriali

Fonti ecclesiali

Inoltre abbiamo attinto, anche solo per alcuni paragrafi, anche dai seguenti testi:

 

Fonti FISM

 

  1. Le ragioni del mandato del Consiglio regionale FISM alla Commissione Pedagogica lombarda di stendere un testo capace di fornire spunti e riferimenti per l’aggiornamento del PE sono, dunque, evidenti. Per tale compito, come segno di comunione ecclesiale, sono stati coinvolti gli Uffici diocesani di Pastorale Scolastica della regione Lombardia. Il processo formativo passa attraverso il pensiero riflessivo, habitus di ogni autentico agire pedagogico ed educativo: la condivisione di questo documento di revisione potrebbe in tal senso diventare occasione preziosa per i Consigli provinciali FISM, per le Commissioni pedagogiche provinciali e per gli Uffici di Pastorale scolastica di una approfondita riflessione e pertinente formazione di tutti i soggetti che operano nella scuola.

 

  1. La comunità educante è costituita dai responsabili primi e naturali dell’eduzione dei figli, i genitori e dalle comunità parrocchiali. Auspichiamo che tale revisione e aggiornamento del PE possa essere capace di raccogliere attorno alla stessa passione educativa umana e cristiana tutti i soggetti, implicati nella scuola, nelle forme più appropriate. Il documento vuole essere anche mezzo di dialogo e di riflessione tra tutti quelli che, anche nella comunità civile, hanno a cuore l’educazione della persona per la costruzione di una società pacifica e solidale.

 

  1. Nel presente testo, quando ricorre la dizione di “scuola cattolica” intendiamo riferirci esattamente a ciò che compare nel paragrafo n. 4 in: Conferenza Episcopale Italiana – Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, “La scuola cattolica risorsa educativa della chiesa locale per la società. Nota pastorale”, 2014, che abbiamo tenuto presente e fatto nostro:

Sappiamo che parlando alle scuole cattoliche italiane ci rivolgiamo di fatto a un universo assai ricco e diversificato quanto a natura giuridica, distribuzione territoriale, ispirazioni e carismi particolari. Sotto il nome generico di scuola cattolica intendiamo perciò raccogliere tutte le realtà che in vario modo esprimono la cura educativa della comunità ecclesiale.

Prendiamo atto con favore che alle scuole che possono dirsi cattoliche a norma di diritto canonico si aggiungono scuole di ispirazione cristiana che dichiarano statutariamente di aderire a un modello educativo fondato sul Vangelo. Sono scuole che, in quanto operano nella comunione ecclesiale, possono contribuire grandemente al compimento della missione educativa della Chiesa. Anche ad esse, che nel loro insieme raccolgono un numero non trascurabile di alunni, ci rivolgiamo in questa Nota pastorale con l’indicazione generica e comprensiva di scuole cattoliche.

Ci auguriamo che il processo formativo delle persone porti ad una sempre rinnovata consapevolezza dell’identità della scuola cristiana affinché sia sempre

  • presente e chiaramente pensata nella mente di coloro che vi operano
  • esplicitamente dichiarata nei documenti ufficiali della scuola
  • condivisa e partecipata con le famiglie che la scelgono
  • concretamente realizzata e tradotta nelle attività educative quotidiane
  • costantemente testimoniata dagli operatori della scuola (per primi gli insegnanti)
  • assiduamente valutata e verificata